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di Marco Micheletti

maestro ripassatore e musicologo

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Questo libro semplice e chiaro pone l'attenzione su problematiche legate alla dizione lirica date per scontate o ignorate nella formazione tradizionale dei cantanti o ripassatori madrelingua e invece molto importanti da conoscere soprattutto per chi lavora con cantanti stranieri. Gli autori citati, il metodo suggerito e alcune immagini usate per spiegare fenomeni complessi, rivelano l'esperienza profonda e vissuta con passione dall'autrice ed una visione del mondo dell'opera fresca ed anticonvenzionale.

di Ana Miravalles

filologa e docente di Dizione Italiana

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Cantare Italiano è straordinario perché innovativo: non è affatto un elenco di istruzioni su come articolare o pronunciare in modo “corretto” partendo dal testo scritto, ma una trattato articolato su una concezione integrale del mestiere del cantante, e del cantante che canta in italiano. Imprescindibile per cantanti, insegnanti di canto e anche di dizione italiana, come me, che insegno in Conservatorio in Argentina.

di Jacopo Raffaele

maestro al cembalo & direttore d'orchestra

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Comincio dalla fine: CANTARE ITALIANO di Sara Gamarro è un libro di cui avevamo bisogno; è un’opera che mi auguro possa finire nelle case (o nelle valigie, che spesso sono case surrogate) di tutti i cantanti d’opera del mondo; è un’operazione che si propone di colmare un imperdonabile vuoto didattico che il mondo musicale odierno ha ereditato dai secoli passati – mettendoci anche del suo, sia chiaro.

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Cantare italiano riesce davvero a colmare quel vuoto? Su questo lascerò il giudizio al lettore individuale, alle sue necessità, al bagaglio culturale ed esperienziale con cui egli/ella si avvicini alla lettura. Quello che mi preme evidenziare è che certamente questo “trattatello” (come la sua autrice lo definisce) tenta e realizza tutto ciò che le sue 128 pagine gli consentono, muovendo passi sicuri verso il compimento della missione. E se lo fa egregiamente è almeno per tre motivi:

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1) la scelta di far passare la trattazione e non solo attraverso ben documentati riferimenti tecnici e medico-scientifici (in particolare nel primo capitolo: "Cenni di fisionomia vocale"), ma anche per contestualizzazioni storiche, analisi critico-letterarie (capitolo VI: "Dizione è personaggio") e continui rimandi agli aspetti emotivi del canto, della lingua e della vita quotidiana del cantante;

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2) la sicurezza con cui difende certe prese di posizione che potranno forse a tratti risultare controverse, cosa che, lungi dall’esprimere arroganza o autoreferenzialità (in fondo non si tratta di una scienza esatta) tradisce semmai una personalità vivace e volitiva e un approccio appassionato alla materia – e non c’è miglior insegnante di quello che si lascia infiammare nell’atto dell’insegnamento;

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3) il fatto che ogni singola parola stampata trasuda e rispecchia la decennale esperienza sul campo di cui questo libro è dichiaratamente il frutto – e non poteva essere altrimenti, giacché (almeno nelle opinioni di chi scrive, che è collega dell’autrice) in un’arte performativa come la musica qualsiasi trasmissione di competenze deve a tutti i costi provenire da una lunga e regolare immersione nell’universo pratico, nel fare, nella polvere del palcoscenico e soprattutto della sala prove.

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Desidero segnalare due chicche che hanno catturato la mia attenzione e di cui conservo un vivo ricordo anche sei mesi dopo aver letto il volume. La prima viene dal paragrafo Intonazione ed emissione, a pagina 18: Allo scopo di riprodurre la nota immaginata dal cantante (e a prescindere dal fatto che essa venga poi emessa o meno), le sue corde vocali si tendono per effetto di un mero impulso cerebrale che va ad azionare un complesso sistema di piccole cartilagini tensorie. Se l’informazione mi ha sorpreso forse in virtù della mia parziale naïveté (essendo io non un cantante ma un tastierista), è vero che in ogni caso esemplifica e riassume una parte importante del pensiero alla base del libro, e cioè l’insistenza sui processi mentali (sulla consapevolezza di essi, sul loro addomesticamento, etc.) quasi in opposizione all’ossessione del cantante medio per la pura tecnica, per l’autocompiacimento della “bella voce”, per il “pensare a mille cose nello stesso momento” (il fiato, la dizione, i muscoli facciali, il diaframma, l’intonazione etc. etc.) senza considerare l’aspetto cerebrale, intellettivo. La seconda chicca è il mio paragrafo preferito del libro, Nevrosi del cignale (pagina 85), uno dei cinque esempi usati dalla Gamarro per dimostrare che “dizione è personaggio”, qui in particolare con il Figaro di Rossini e il suo celebre Largo al factotum, dove la direzione linguistica e musicale da prendere per una corretta interpretazione si avvale di un’analisi puntualissima ma anche a tratti esilarante, in cui non si risparmiano brillanti collegamenti tra i volumi vocalici e il dialetto romagnolo, tra la personalità di Figaro (e di Rossini) e il Sangiovese, o la Formula Uno.

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Ci sarebbe ancora molto da dire sul piccolo miracolo di Cantare italiano, come sono certo che Sara Gamarro abbia ancora molto da dire al di là di queste 128 pagine, ed è per questo che auspico un proseguimento di questo percorso, magari con un volume più ampio e ancora più ricco di esempi – e con un’edizione leggermente più curata dal punto di vista grafico (da type-enthusiast avrei preferito un più consono carattere serif per il corpo del testo) ed emendata dei (purtroppo numerosi) refusi, unico neo evidente del volume. Nell’attesa, ritengo questo libro un preziosissimo vademecum quotidiano, un valido compagno di studio che darà al lettore l’impressione di avere al suo fianco una piccola Sara Gamarro formato tascabile, pronta a mettere al suo servizio la propria sapienza e abilità. Certo, nessun manuale raggiunge il proprio scopo se non gli si affianca uno studio regolare, intelligente e ben guidato, ed è per questo che lo consiglio non solo ai cantanti, ma anche agli insegnanti e a tutti coloro che entrano in contatto con la meravigliosa e complessissima macchina del teatro musicale.

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